Il 1965 è un anno magico per Maranzana. La proposta è di interpretare l’agente Lucas al fianco di Gino Cervi, ossia il Commissario Maigret della fortunata serie televisiva, con la regia di Landi. La sua interpretazione diviene così celebre, che verrà identificato per molto tempo con quel personaggio.
Recita negli episodi: Un’ombra su Maigret, L’affare Picpus, Un Natale di Maigret, Una vita in gioco. Il gradimento è altissimo e la Rai decide di realizzare altre puntate fino al 1972. Racconta Maranzana: “Interamente girato a Napoli e a Roma, Gino Cervi si recò a Parigi soltanto una volta, passeggiò sulla Senna e venne realizzata la sigla, con la canzone di Luigi Tenco. Tutte le altre scene degli innumerevoli episodi furono realizzate con ricostruzioni di studio a Napoli e a Roma. Andando sul lungo Tevere era come essere sul lungo Senna… La canzone di Tenco era Le temp file ses jours, non fu mai pubblicata su disco nella versione francese, venne invece pubblicata in italiano con il titolo Un giorno dopo l’altro. Anche la sigla ebbe fortuna, ne vennero fatte anche una versione spagnola, Un dia y otro dia, cantata dallo stesso Tenco, e una inglese, One day is like another firmata da Early Shuman, che lo stesso Tenco pubblicò ma che non uscì mai su disco.”
Giudicato ineguagliabile dallo stesso Simenon, il successo de Le inchieste del Commissario Maigret è tale che la Rai decide di fare altri episodi che vanno in onda nel 1966, nel 1968 e nel 1972, e Maranzana è ancora Lucas in Maigret e i diamanti, L’innamorato della signora Maigret, Il cadavere scomparso, Maigret sotto inchiesta.
Note alla scomparsa di un grande attore
di Ugo G. Caruso – fondatore del Movimento Telesaudadista (sodalizio culturale che ha come fine la rivalutazione del grande patrimonio della televisione classica, quella degli anni del bianco e nero.)
Tra i tanti gustosi retroscena, Maranzana ce ne rivelò uno di cui andava giustamente fiero. Cervi gli aveva riferito i personali complimenti di Simenon per avere intelligentemente sostanziato il suo personaggio del brigadiere Lucas, fin lì a basso rilievo sulla pagina scritta, indistinto tra i colleghi Torrance, Janvier, Dofour, insomma una mera funzione narrativa. L’idea di Maranzana fu quella di farne una sorta di doppio del suo capo, emulato non si sa quanto volutamente, stessi baffi,stessa pipa, stessa taglia da degustatore di piatti robusti come la choucroute paysanne e con in più il tic di passarsi continuamente la mano sui capelli come per domarne le asperità. Era proprio come Simenon l’avrebbe voluto, riproponendosi ogni volta di descriverlo così, per poi dimenticarsene sistematicamente, risucchiato dal gorgo della sua scrittura tumultuosa. D’ora in avanti sarebbe stato lo scrittore ad ispirarsi a quella riuscita caratterizzazione nei pochi anni in cui avrebbe continuato a scrivere i romanzi di Maigret.
Ci ritrovammo nel giugno dell’anno seguente al Cinema Adriano, allorquando nel corso del Roma Fiction Fest fui nuovamente chiamato a condurre un incontro sul Maigret televisivo e feci in modo di far ritrovare Maranzana con un altro ”brigadiere”, della sua squadra al Quai des Orfevres, Lapointe quello con la sigaretta eternamente pendente da un angolo della bocca, interpretato dal bravo Gianni Musy, figlio d’arte (suo padre era Enrico Glori), lunga carriere teatrale e televisiva,apparso tante volte negli ultimi anni al cinema in gustosi cameo e purtroppo anche lui scomparso di recente.
Insieme fecero faville, una vera gara di aneddoti spassosi tra cui il più rimarchevole resta quello raccontato da Maranzana di quando nel ’66 , a causa di un disguido, si trovò a non poter essere scritturato per la seconda serie delle inchieste del commissario Maigret, in quanto impegnato in tournée con la sua compagnia teatrale, rammaricandosene moltissimo. Fu così che durante la tappa romana decise di andare sul set per un saluto a sorpresa ai suoi vecchi compagni di lavoro. In via Teulada si fece indicare lo studio ed entrò senza accorgersi di aver fatto irruzione nel bel mezzo di una lunga sequenza che sarebbe stato complesso e faticoso rigirare. Cervi e gli altri con prontezza di spirito, senza smettere di recitare, lo accolsero affettuosamente come se questi venisse dalla gendarmeria di Marsiglia, promettendogli di adoperarsi in tutti i modi affinchè venisse riassegnato al più presto alla polizia giudiziaria di Parigi. Maranzana capì e stette al gioco e la sequenza fu salva. Poi ripartì per la sua tournéè, salvo vedersi perseguitato ad ogni tappa da un telegramma dell’ufficio contratti della Rai che, accortosi della sua pur breve apparizione, lo scongiurava di firmare una liberatoria per regolarizzare quell’incredibile situazione. In quella stesso pomeriggio volevo a tutti i costi ricordare Lelio Luttazzi, jazzista, compositore, entertainer, uno dei grandissimi della televisione del periodo d’oro, scomparso solo poche ore prima e pertanto avevo portato con me la registrazione di una puntata di Studio Uno, sempre del ’66, in cui Gino Cervi nei panni di Maigret irrompeva nel popolare varietà del sabato sera dando vita ad un esilarante sketch con il celebre presentatore. Temevo però che questa idea avrebbe comportato una sensibile variazione al programma dell’incontro. E infatti dapprima i titolari della rassegna si opposero garbatamente ma altrettanto fermamente al mio piccolo colpo di mano. Poi però dovettero cedere all’ impuntatura di Maranzana che spalleggiando la mia proposta con toni che non ammettevano repliche, pretese che il suo vecchio amico e concittadino Lelio ricevesse il giusto tributo. Inutile dire che il fuori programma fu molto apprezzato dal pubblico presente in sala e rappresentò la vera chicca di quell’incontro. [...]